Le origini del sushi

Nonostante il sushi sia generalmente associato alle tradizioni culinarie del Giappone, le origini di questo piatto vanno ricondotte alla Cina del VII secolo. In quel periodo, una necessità particolarmente sentita era rappresentata dalla conservazione dei cibi; una delle poche metodologie disponibili consisteva nello sfruttamento delle fermentazioni naturali.
Il pesce fresco veniva tipicamente pulito e sfilettato, pressato in mezzo a diversi strati di sale ed il tutto veniva ricoperto con dei pesi. Il processo di fermentazione durava fino ad alcuni mesi, ed al termine di questo periodo si otteneva pesce essiccato in grado di resistere a lungo ed essere, perciò, consumato anche a distanza di molto tempo. È proprio da questi processi di fermentazione anaerobica che nascono i due tipi di sushi detti narezushi e funazushi.
Accadde che, tuttavia, venne fatta involontariamente una scoperta a suo modo rivoluzionaria: se il pesce sfilettato veniva avvolto in uno strato di riso imbibito di aceto, il processo di fermentazione si compiva non più nel giro di mesi, ma di giorni. Il riso veniva poi gettato via, ed il pesce conservato; ma, durante i periodi più siccitosi e di carestia si prese l’abitudine anche di consumare il riso stesso: fu così che nacque il sushi. O, almeno, in questo modo nacque una forma ‘primitiva’ di questo popolarissimo piatto che si diffuse nelle zone asiatiche limitrofe, Giappone compreso. In particolare, sembra che furono i monaci buddisti a diffondere in tutto l’oriente le conoscenze riguardanti la produzione di pesce fermentato. Ed è proprio a causa della peculiare modalità di preparazione che si originò il nome di questo piatto: secondo un’arcaica forma grammaticale non più in uso, il termine sushi significa letteralmente: “è acido”.